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PARRUCCHIERI in CRISI tra clienti in picchiata e concorrenti low cost

10 Nov, 2017

parrucchieri in crisi

In sette anni hanno chiuso 300 esercizi. La media di nove messe in piega l’anno delle donne è scesa a quattro.

Al bivio tra la strada della creatività o quella tradizionale del casco e della piega con i bigodini, quella dell’acconciatore è una professione in bilico. Fa i conti con la crisi economica, con il cambio delle abitudini dei clienti e con la tecnologia dei prodotti che rende l’appuntamento dal parrucchiere meno urgente ma non per questo meno economico. E poi c’è la concorrenza dei saloni low cost, soprattutto cinesi – dove è anche possibile portarsi lo shampoo da casa se non ci si fida di quello offerto in negozio ma anche italiani, che sempre di più offrono sconti e coupon con “taglio e piega” a prezzi agevolati.
In Piemonte e a Torino il numero di saloni e coiffeur è calato in modo costante e sei su dieci, tra quelli che resistono, sono in difficoltà. Nel 2010 a Torino parrucchieri e barbieri erano 2203, oggi sono 2087. Allargando il focus alla provincia di Torino si è passati da 4600 a 4440 e nell’intera regione hanno chiuso i battenti in poco meno di 300. I numeri, però, da soli non bastano a fotografare il declino. La bilancia non tiene conto del fatto che al posto dei tanti che hanno chiuso sono comparsi i saloni low cost, abbassando in generale il giro d’affari del settore che in Piemonte conta circa 10mila addetti.

Sono cambiate le abitudini: i dati dicono che prima della crisi una donna andava dal parrucchiere nove volte l’anno, oggi sono scese a quattro. Sia perché costa troppo, ma anche perché i prodotti che si usano durano di più e, ad esempio, non è necessario rifare il colore ogni mese. La prova che non sia solo una questione di declino economico arriva guardando i dati delle zone più ricche del Piemonte. Nel Cuneese, e in particolare ad Alba, in cinque anni hanno chiuso più di trenta saloni. È inutile girarci intorno, siamo di fronte a un passaggio cruciale. Il nostro è un settore in crisi dal punto di vista imprenditoriale: o diventiamo degli specialisti del capello, oppure sprofondiamo nei bassifondi della parruccheria.

Un altro problema è quello della formazione. Negli anni sono nate decine di scuole per imparare taglio e piega, ma le attività pratiche sono ridotte e quando i ragazzi finiscono i corsi sanno poco e sono poco motivati: arrivano all’acconciatura dopo aver scartato tutto il resto e sono sedotti dalla creatività piuttosto che dalla possibilità di apprendere e mettere in pratica tecniche manuali precise per le quali servono dedizione e competenza. Il futuro insomma, anche nella  parruccheria, è fatto di innovazione soprattutto manageriale, dove i saloni non saranno più “negozi per capelli”, ma vere imprese del benessere.

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